estratto dal sito: https://www.blueresolution.it/

Montecatini Terme, 28 ottobre 2022

Presso la bellissima Sala Portoghesi delle Terme Tettuccio di Montecatini Terme, si è svolto il 28 ottobre scorso, l’evento Dialoghi sulla Natura, promosso dall’Associazione Blue Resolution in collaborazione con Arbi Dario S.p.A.

Una serie di interventi e dibattiti sul tema della sostenibilità e circolarità, alla base dell’attività che l’Associazione Blue Resolution, nata dalla volontà della famiglia Arbi con il sostegno della Arbi Dario S.p.A., svolge da qualche anno con l’impegno di contribuire alla salvaguardia del nostro patrimonio ambientale e culturale, per il benessere nostro e delle future generazioni.

 

Sostenibilità e Circolarità per un futuro migliore

L’evento, è stato introdotto nei suoi contenuti dal Presidente dell’Associazione Maurizio Arbi, che ha raccontato in breve ruolo e scopi dell’Associazione, descrivendone l’impegno nei confronti dell’ambiente e invitando tutti i partecipanti ad una condivisione fattiva per la tutela e la salvaguardia del patrimonio naturale e artistico del nostro paese. L’evento, presentato da Francesca Magnani, si è svolto poi con una serie di Dialoghi, ai quali hanno partecipato i partner con i quali l’Associazione collabora, sempre con l’obiettivo comune della difesa delle nostre risorse naturali, ambientali e culturali.

Apprezzato il contributo video inziale di Gianluca Lentini, geofisico specializzato in climatologia, che ha brevemente spiegato l’origine e il significato corretto dei termini sostenibilità e circolarità e raccontato quanto le condizioni del nostro pianeta siano state condizionate e influenzate dal comportamento umano, non sempre rispettoso del nostro ambiente.

I Dialoghi

Nel primo dialogo (Percorsi alternativi per uno sviluppo sostenibile. Ambiente, territorio, persone, proviamo ad immaginare un futuro diverso), Alessandro e Lorenzo Arbi, rispettivamente Amministratore Delegato della Arbi Dario S.p.A. e fondatore dell’Associazione Blue Resolution, hanno raccontato progetti e attività dell’Associazione, il senso delle collaborazioni con i vari partecipanti all’evento, gli interventi programmati nel corso dell’anno e in avvenire, dichiarandosi aperti non solo a nuove forme di collaborazione ma anche a sostenere con il proprio impegno tramite l’Associazione Blue Resolution, tutti coloro che abbiano realmente a cuore il benessere del nostro pianeta, con nuove idee, progetti o interventi da attuare a beneficio dell’ambiente.

Nel secondo Dialogo – Nuovi paradigmi di intervento per la tutela del mare e la protezione dell’ambiente , ha parlato, sempre insieme ad Alessandro e Lorenzo, la Dott.ssa Alessandra Borghini in rappresentanza dell’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e membro della Società Ergo Srl, la quale ha illustrato il percorso realizzato insieme ad Arbi, dapprima con il progetto Blue Resolution, e poi con i vari interventi a tutela del nostro ambiente e in special modo delle nostre coste toscane. L’impegno della ricerca e dell’industria in una comune direzione, di interesse per una sostenibilità reale e concreta.

Terzo intervento, è stato quello di Azzero Co2 con il progetto Mosaico Verde sostenuto da Legambiente (Non piantiamo alberi. Creiamo boschi. Una nuova ricetta per rendere più verde l’Italia). Progetto che ha visto l’Associazione Blue Resolution insieme ad Arbi e Mosaico Verde promuovere la piantumazione di alberi (già più di 1000 messi a dimora sul territorio toscano) per compensare le emissioni di Co2 e preservare il patrimonio naturalistico della nostra regione. L’intervento già realizzato nel parco di San

Rossore di Pisa, è solo il primo di quelli programmati e che vedranno la luce anche nel prossimo, in una collaborazione che vuole essere un impegno di salvaguardia per i nostri boschi e le nostre aree naturali.

Il quarto intervento è stato quello dell’Università di Pisa, con i Professor Carlo Bibbiani e il Dottorando Lorenzo Rossi del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali e Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Pisa (Progetto SIMTAP: acquaponica multi-trofica per una produzione alimentare sostenibile). Un progetto innovativo rispetto all’acquacoltura convenzionale con acqua marina degli impianti a terra che prevede l’allevamento di altre specie intermedie nella catena trofica, la coltivazione di piante commerciabili e una struttura a ciclo chiuso dell’allevamento. Il Professor Bibbiani, insieme a Lorenzo Rossi hanno illustrato i possibili vantaggi dal punto di vista ambientale ed economico di un sistema come quello oggetto dello studio, come ad es. il riutilizzo degli effluenti/sottoprodotti nel sistema, una maggiore diversificazione delle produzioni, la possibilità di allevare specie di elevato pregio commerciale, e una riduzione dell’impatto ambientale complessivo. Evidenziando difficoltà e criticità che possono manifestarsi nella conduzione di un sistema multitrofico e anche delineando i possibili scenari di collaborazione con l’industria e con le aziende del settore food come ad esempio Arbi Dario S.p.A. in una prospettiva produttiva di rilievo commerciale.

Il quinto Dialogo ha visto la partecipazione appassionata dell’Architetto Ilaria Tommasi insieme con Alessandro Arbi (Proteggere il nostro ambiente per salvaguardare il nostro futuro. Impariamo a vivere con la natura). Una proposta innovativa e reale per la difesa del nostro ambiente e per la conservazione delle specie del nostro pianeta, in particolare delle api, con la proposta delle Bee.Resolution. Un progetto che prevede la realizzazione di una struttura modulare dalle geometrie naturali per l’accoglienza delle api, studiata proprio dall’Architetto Tommasi per integrarsi nel paesaggio e nell’ambiente urbano. Un elemento non solo di difesa e accoglienza delle nostre amate api in cerca di un alveare in cui insediarsi, ma anche di educazione e conoscenza delle specie animali, in particolare di quelle che più contribuiscono al nostro benessere e alla nostra salute, con una proposta che finalmente le include realmente nel nostro tessuto sociale quotidiano.

L’ultimo Dialogo (Arambì. Insieme per dare una mano alla terra), è stato quello che ha visto interpreti alcuni degli autori (Luca Cognolato, Silvia del Francia, Laura Walter) del libro Arambì, edito da Feltrinelli Kids con le illustrazioni di Fabio Sardo e gli approfondimenti scientifici di Gianluca Lentini. Un incontro dove gli interventi degli autori si sono alternati alle letture di alcuni racconti del libro, con vera e intensa partecipazione emotiva. Come ha raccontato Silvia del Francia, Arambì è la trascrizione fonetica di una parola in swahili che significa “fare insieme”. È il grido dei pescatori quando tirano a riva le reti, il richiamo della gente quando la comunità intraprende un lavoro a beneficio di tutti. Otto autori italiani che, con i loro racconti, hanno voluto lanciare un segnale di speranza, un invito a fare insieme, per riuscire a salvare il nostro mondo. Fra l’altro tutti gli otto autori hanno rinunciato ai loro compensi per la partecipazione ad Arambì, destinandoli all’Associazione Blue Resolution per l’attuazione di attività rivolte alla difesa dell’ambiente.

Sostenibilità e Circolarità anche nell’Arte

L’evento si è concluso con il saluto di Alessandro Arbi a tutti i presenti e la presentazione della Tuscany Fish Art con le affascinanti opere dell’artista livornese Marco Ghizzani, per l’arte del riciclo. Come ci racconta Ghizzani: “Utilizzo prevalentemente legni spiaggiati bagnati e levigati dalla sabbia e dal vento, assemblandoli poi con materiali alla fine del loro ciclo di vita, cercando di dargliene una nuova, ogni oggetto può avere una doppia vita e a volte la seconda è migliore della prima. È dalle piccole cose che possiamo migliorare il mondo, ed a volte un pizzico di poesia, e aggiungiamo noi “di speranza”, aiuta!

 

 

 

 

XVI Festival internazionale di Pittura – Videoart – Fotografia – Letteratura – Poesia – Fumetti

“Le opere di daniele Falco partono da un concetto metafisico astratto. L’artista si rivolge verso un infinito immaginifico che sceglie anche la forma geometyrica come espressione artistica. Gusto e colore si armonizzano”

PREMIO PITTURA 2022

 

Mai avevo partecipato ad un premio e non nego che mi ha fatto piacere vincerlo, anche se nello stesso momento mi ha messo molto in imbarazzo!

 

Parlare di Arte nel 2022?   Molto difficile!

 

Dovremmo prima di tutto recupere il valore di cosa si intende per Arte.

Per me Arte è il rapporto fra l’artista e sé stesso e che si sviluppa attraverso la sua forma di esprimersi, nelle varie discipline.

Limitandoci alla pittura dovremmo riscoprire l’armonia affrontata e risolta da Raffaello, l’eleganza di Simone Martini, con la sua raffinatissima Annunciazione, il  Realismo risolto con indubbia forza da Courbet, con le sue intelligenti “visioni”, o da Corot con i suoi incantesimi di luce.

L’Astrattismo risolto da Kandinsky o da Malevic, che ci fanno capire l’assurdo di questa definizione, in quanto niente può essere astratto perché tutto è sempre riconducibile a un qualcosa, a un percorso direi, che è in ognuno di noi… la nostra storia… i nostri incontri… i nostri suoni…

Per me per esempio, Astratto è solo un quadro di paesaggio, in quanto il finale è il sommarsi di attimi, di luci di “aria” in una lotta sempre persa, da parte del pittore per fermare quell’immagine che mai è esistita se non nel suo immaginario… questo si è… Astratto!

 

Si dovrebbe parlare della dura denuncia alla società borghese, emergente ed effimera, che ci racconta Manet, o della dolce e intima comprensione degli emarginati e dei “diversi” che ci narra Toulouse Lautrec.

E poi ancora della attenta analisi di Pissarro nella sua ricerca dell’equilibrio fra ordine e disordine.

E ancora del distacco da tutto ciò di Fattori, che non è vero che non aveva capito, aveva capito e bene…però non condivideva e cercò di difendere i suoi valori con la potenza dell’umiltà!!

 

E qui mi devo fermare perché oggi sembra che queste cose non interessino più, e forse è per questo che mi diverte aver vinto questo premio, però per favore non parliamo di Arte.

 

O meglio, torniamo a parlarne, pero di Arte come percorso intimo, di Arte come insieme di eterni messaggi, dalle prime immagini nelle caverne al sempre che sarà fino a quando un uomo saprà … ribellarsi!

 

Daniele Falco

 

 

Pensando di scrivere ancora qualcosa di Donatello, viene subito il pensiero che in assenza di nuovi documenti non c’è motivo di farlo. Già esistono molti studi, e trattati, alcuni dei quali sicuramente meritevoli di rispetto.

Vedo pero nelle storia dell’arte, come il più delle volte si presenta alla nostra attenzione, un porre la materia ed affrontare gli argomenti sempre da un punto di vista storico- evolutivo, come un racconto nel tempo attraverso le opere e le varie (per me…troppe!) classificazioni (gotico, rinascimento, barocco, espressionismo, impressionismo etc…).

Vorrei invece un avvicinamento all’arte non attraverso vari movimenti artistici, ma attraverso l’artista, l’arte attraverso l’uomo che l’ha prodotta, come un trasmigrare conscio o inconscio che sia della sua individualità, nel suo tempo con i suoi sogni, le sue sconfitte ma soprattutto con la sua vita e maniera di viverla e quindi di esprimersi di raccontarsi e, mi piace pensare, con la sua voglia di parlare anche a noi.

Non dimentichiamo che la pittura, la scultura e tutte le arti sono linguaggi, e così come nessuno si sente autorizzato ad interrompere una musica per spiegarla, lo stesso merita ogni forma di espressione, che necessita di una maggior attenzione, in particolare dobbiamo superare quel “vedere” tutto in fretta e imparare a guardare, sforzandoci di capire l’opera non attraverso la nostra cultura ma attraverso l’artista e il suo tempo.

 

I sentimenti e le emozioni non sono mediate ne dal tempo, né nel tempo, ma sono strettamente legate alla sensibilità e soprattutto alla quotidianità dell’artista, in un continuo conflitto fra la sua visione della vita e le sue illusioni.

Solo partendo da “chi era lui”, del suo rapporto con la vita e l’arte, sforzandoci al massimo di allontanare tutte le nostre “certezze?”, possiamo sentire le opere non più appartenenti al passato, ma portatrici di messaggi,

e se vogliamo… poterle ancora sentire anche…. NOSTRE!

 

Chi era Donatello?

Un artista istintivo e cosciente nello stesso momento, che lo portò a vivere con forza la relazione fra vita e arte.

Di lui sempre viene detto che era un buon uomo, onesto, cortese, umile e senza invidia, che si sforzava sempre di apprezzare le opere degli altri, non si atteggiava, non scriveva trattati ne pontificava ma lavorava… in quella bottega in comune con il più giovane Michelozzo con cui divideva i lavori con estrema semplicità (vedi P. Summonte).

Non amava il denaro, si racconta che lo tenesse in una borsa in bottega e da cui ogni amico o lavorante poteva prendere quello che gli serviva senza dirgli nulla. E qui vale la pena soffermarci: oggi un simile comportamento non è facilmente comprensibile e di sicuro verrebbe considerato stupido, questo però ci deve far riflettere su quanto sia sbagliato analizzare il passato con il nostro modo di vivere, le nostre conoscenze e peggio ancora i nostri “valori”.

 

Si racconta che Piero de Medici gli donò un buon podere la cui ricca rendita gli avrebbe permesso di vivere agiatamente, ma

Donatello dopo non molto tempo preferì restituirlo dicendo che non poteva perdere la sua tranquillità nel risolvere le continue lamentele del contadino, quando per il raccolto rovinato dal cattivo tempo quando per le gabelle o per le liti con la moglie, e preferiva morire di fame piuttosto che pensare a queste cose.

(Piero capì e li concesse in cambio un vitalizio – vedi Vasari).

Aveva circa 80 anni e ancora oggi molti anziani non amano dare importanza a certe cose, chiudendosi in una visione più intima della vita, e forse più reale.

Ricordiamolo ancora in punto di morte, quando alcuni parenti lo visitarono per chiederli in lascito un piccolo podere di poco valore che aveva a Prato, e lui rispose che questo spettava al contadino che sempre vi aveva lavorato e durato fatica.

Nato povero da un cardatore di lana, muore povero in una casetta in Via del Cocomero (oggi via Ricasoli), tutta Firenze partecipò commossa al suo funerale.

 

 

Alcune cronache ci narrano di un Donatello non religioso, cosa in realtà non provata, e mi sembra ininfluente alla sua comprensione, di sicuro per lui, parlano i suoi lavori.

Questo era Donatello e molto ancora ci sarebbe da dire… spero solo che quanto scritto serva da sprone per “scoprirlo” attraverso le sue opere, e stimolare una riflessione non sul passato ma sul presente!

Il suo capolavoro? Per molti il S. Giorgio (al proposito, non capisco per quale motivo lo hanno disarmato.. in origine impugnava una spada che lo rendeva più efficace),  per me la Maddalena…. Ma il vero capolavoro fu la sua vita!!

 

 

Caratteristica in Donatello è il creare attraverso un elemento realistico un’illusione di realtà, a questo scopo immette nelle sue opere di marmo, pietra, lignee o bronzo che siano un particolare che tende a liberare il soggetto dalla materia.

Nel S.Giorgio, per esempio, il piede sporge dal basamento, nel Abacuc (detto lo Zuccone) tratteggia i capelli mossi e, anche nelle opere che non sono rappresentate in movimento, si sente forte l’idea che… stiano per muoversi!

 

Spesso non rifinisce molto i suoi lavori, questo è stato motivo di critica nei suoi confronti. E’ invece una sua precisa scelta, che serve a fissare l’azione con  immediatezza e maggior forza.

Scelta rispettata anche da Michelozzo nel terminare i pulpiti in S. Lorenzo, come ultimo omaggio all’amico dopo la sua morte.

 

Tutti i riferimenti all’arte classica, movimento e pittoricismo, vengono da lui risolti, con forte individualismo, in maniera “anticlassica”( quando per classicismo si deve intendere quel riferirsi all’arte greco- romana che si andava riscoprendo in quel momento e che andava reintroducendo elementi dimenticati).

Non è lo scultore della “grazia” come diceva il Vasari, troppo forti ed espressive sono le sue opere, che vanno negando questa affermazione, e non è neanche il “classicista” come venne mal inteso nell’ ‘800 per i motivi già detti.

Nel XVI sec. veniva paragonato a Michelangelo, ma il paragone è privo di significato!

La distinzione Albertiana, (in riferimento al trattato di L.B. Alberti) fra scultura e modellato con cui era d’accordo Michelangelo era invece estranea a Donatello, che quando scolpiva o modellava sempre immetteva elementi pittorici nelle sue opere.

 

 

Significativa al riguardo L’Annunciazione in S. Croce a Firenze, o ancor di più il suo “stiacciato” che fonde la scultura con la pittura! Qui più delle parole contano le immagini, e invito a vedere la predella del S.Giorgio, imprescindibile per capire i suoi lavori, e ancora la Madonna con bambino a Boston, o Ascensione e consegna delle chiavi-  Victoria e Albert Museum a Londra.

Donatello non si può paragonare a nessuno, le sue opere, preferirei dire i suoi lavori , sono validi ancora oggi, come lo furono il giorno in cui furono inventate e sono solo : UNICHE!  (vedi Donatello- John Pope-Hennessy).

Dirle opere moderne è riduttivo, esse sono contemporanee..  se solo imparassimo -come già detto- a guardare, in quanto le sue emozioni sono le nostre… anche se offuscate dalle turbinanti  inutilità della nostra società.

 

                                                                                                                                                                             DANIELE FALCO

Estratto dal libro Angeli del fango di Erasmo D’ Angelis –  Ed Giunti- 2016

 

 

Daniele Falco, insostituibile partner del gruppo ZArchitettura, ci regala un chiaro ricordo della Firenze fiorentina:

 

Già sono passati cinquant’anni! Mille immagini, voci e rumori affollano la mia memoria, andando a ricomporre un mosaico di emozioni, fatiche, sacrifici, preoccupazioni e non ultimo anche di giuochi vissuti in quei momenti. In soccorso arrivarono da ogni parte, prevalentemente giovani: gli Angeli del fango vennero chiamati. Per la verità non credo di appartenere a questi, un po’ perché “angelo” non sono mai stato e un po’ perché in Borgo Allegri abitava mio nonno da sempre e in quella casa sono nato!

Avevo 15 anni ed ero un capellone, così venivano chiamati quelli come me; volevamo cambiare il mondo e l’alluvione fu il nostro primo momento!

Andammo scoprendo la solidarietà nel dividere le cose, le case e un po’ tutto con quelli che avevano avuto l’acqua in casa… tutto sembrava magico…tutto sembrava vero.

Firenze a quei tempi era “piccola” e viveva di fiorentini e di quartieri. Passavamo il giorno a pulire le abitazioni, i negozi, le cantine e le strade. Per la verità non erano molti ad aiutarci, tolto qualche militare, facemmo quasi tutto da soli, e passati i primi momenti di rabbia, scoramento, dolore e preoccupazione, piano piano tutto diventò un giuoco! La sera andavamo in Piazza Santa Croce e lì c’era il mondo! Un brulichio di automezzi, gente, militari, e giovani che lavoravano intensamente per pulire la chiesa, la piazza e più in là la Biblioteca Nazionale. Tutto sotto lo sguardo arcigno di Dante che ancora stava in mezzo alla piazza. Eravamo attratti da questi ragazzi e ragazze e l’alluvione fu complice di amori e primi baci, nei quali ci trovammo tutti coinvolti.

Oggi mi viene da pensare che l’Arno in quei giorni portò via l’ultima Firenze popolare che era sopravvissuta alla ricostruzione del dopoguerra. E anche Dante dovette mettersi in disparte- oggi il suo sguardo non sembra più arcigno come un tempo- e in disparte furono messi anche i fiorentini che da allora “vivono” sempre più la loro città come estranei! L’alluvione a mio parere, è l’ultimo momento di “Firenze fiorentina”

 

DANIELE FALCO

 

Rif: pag 202

Angeli del fango-

Erasmo D’ Angelis-  Ed Giunti- 2016

 

Minuzia, precisione, pazienza e grande professionalità hanno caratterizzato un intervento all’interno di una lussuosa struttura ricettiva fiorentina

 

Firenze, Santa Maria Novella. Una piazza, che è il cuore pulsante della città, il crocevia di emozioni sempre nuove, il luogo dove, per eccellenza, si respira arte. In questo contesto magico, sorge il luxury hotel 5 stelle J.K. Place che, di recente, è stato oggetto di un prezioso intervento, per quanto riguarda la posa in opera delle pavimentazioni in parquet. Autore di questo delicato lavoro, Costica Vasile Pruteanu, titolare di PrutyParquet. Per saperne di più, lo abbiamo incontrato.

Qual è stato il tuo percorso lavorativo e come sei entrato nel mondo del parquet?

Il mio incontro con il mondo del parquet, risale a 15 anni fa. Sono quello che si può definire, un vero e proprio artigiano. Lavorativamente parlando, sono nato come falegname; l’amore per il legno, poi, mi ha portato verso il parquet. Per offrire sempre il meglio ai miei clienti, ho frequentato corsi di formazione e continuo ad aggiornarmi professionalmente. In un mercato al ribasso, come questo, per emergere bisogna puntare sulla qualità, sempre e da qualsiasi punto di vista.

Ci puoi descrivere l’intervento all’interno del J.K. Place?

Dopo la rimozione della moquette, era prevista la posa del parquet in diverse zone della struttura alberghiera. Per prima cosa, ho raschiato la superficie e ripristinato il massetto. È fondamentale che il piano di posa sia livellato, per ottenere caratteristiche di grande stabilità.
È stato poi steso il primer, per una migliore adesione delle colle al massetto. Questa operazione è importante poiché dona stabilità e durabilità nel tempo ai pavimenti in parquet rendendo la superficie di posa idonea alla stesura delle specifiche colle. Il lavoro è stato complesso, a causa di elementi strutturali presenti in loco.

A questo proposito, quali sono state le difficoltà incontrate?

Come dicevo, l’intervento non è stato tra i più semplici. In particolar modo, la presenza della boiserie nei locali nei quali posare il parquet, ha portato a delle criticità. Risolte, realizzando una cornice in legno, che corre lungo il parquet. Il lavoro da svolgere, doveva essere preciso al millimetro, in quanto c’era la necessità di realizzare incastri precisi. Sono state impegnate oltre 20 persone e non sempre si sono distinte per professionalità, capacità e competenza. Alcuni di loro, si sono tirati indietro ben presto.

Non tutti, quindi, sono stati all’altezza di un lavoro impegnativo. Quali sono le caratteristiche che un posatore deve avere, per svolgere al meglio l’attività?

Per lavorare in questo mondo, ci vuole passione, capacità, competenza e impegno, anche nel seguire i corsi di formazione e aggiornamento. Ma non è tutto. Entrano in gioco anche le caratteristiche personali; con il cliente, è importante apparire tranquilli e sicuri delle proprie capacità, ascoltare e analizzare le esigenze della committenza. Bisogna poi dire in maniera chiara e sincera ciò che si può e che non si può fare e fare presente se vi sono delle criticità che potrebbero compromettere il risultato finale. In genere, le nuove leve, sono più propense a mantenere questo tipo di atteggiamento.

Qual è, secondo te, il segreto per una posa perfetta?

Più che di una posa perfetta, parlerei di un lavoro perfetto: se vogliamo avvicinarci a questo obiettivo, credo sia importante puntare sul supporto e sulla consulenza. Il cliente deve sentirsi libero di chiedere consigli, deve potersi fidare di noi… ci vuole cervello ma anche tanto cuore!

 

Per lavorare in questo mondo, ci vuole passione, capacità, competenza e impegno, anche nel seguire i corsi di formazione e aggiornamento. Con il cliente, è importante apparire tranquilli e sicuri delle proprie capacità, ascoltare e analizzare le esigenze della committenza.

troverete l’articolo originale di Alessandra Mecca su:

https://www.professionalparquet.it/2018/07/17/maestria-e-grande-attenzione-ai-dettagli/