COLLETTIVA DI FOTOGRAFIA – Il ricordo del curatore

Il 23 maggio,

in occasione dell’inaugurazione del nuovo studio Zarchitettura, dell’Arch.to Francesco Zazzeri,

Laboratorio d’Arte presentava: Collettiva di fotografia.

Un profondo ringraziamento va a coloro che hanno prestato attenzione alle foto esposte, essendo il fine di ogni esposizione cercare di capire i messaggi o riflessioni che ogni immagine può e vuole trasmettere.

Un sentito ringraziamento ai fotografi:

Grazie a Ana Lara Chavez,

era assente?… direi proprio di no, in ogni foto era presente con forza, trasmettendo la necessità di “raccontarci” il suo Messico non convenzionale fuori da tutte le retoriche turistiche e non solo.

Grazie a Antonella De Luca,

che facendo della semplicità la sua forza, lascia trasparire le 2 o molte di più personalità presenti in ognuno di noi, raccontando con le sue foto di un giorno fuori dal tempo… passato, presente o futuro.

Grazie a Corrado Lusi,

che con la sua sensibilità, ci racconta di istanti per sempre fermati nel tempo, alla ricerca della parte più nascosta che è in ognuno di noi.

Grazie a Emanuele Vergari,

che ha voluto condividere i suoi più profondi pensieri, con ritratti di persone che escono dai suoi ricordi in un intimo e sincero ringraziamento per quello che ognuno di loro gli ha regalato.

Grazie a Gabriele Nipoti,

che partecipando con la sua professionalità, ci racconta di viaggi e emozioni, impreziosendo con le sue foto l’intera Collettiva.

 

Pensiamo a questa Collettiva, dato il poco tempo, solo come un inizio che necessita sicuramente di approfondimenti per i molti e soprattutto importanti temi aperti, e ci proponiamo di realizzare nuovi e interessanti incontri.

Daniele Falco

https://danielefalco.it/blog/

 

40 metri in trasformazione su cui raccontare qualcosa di noi. Un muro, una barriera, ma anche uno spazio da condividere. Un’onda bianca che si muove e che collega immagini e persone.

 

Poche immagini rubate ci raccontano una splendida giornata scandida dalla luce del sole. Dalle ore 15 alle 21 amici e curiosi hanno scoperto un nuovo angolo di città, una realtà professionale fatta di professionisti ma anche di persone.. Siamo in viaggio.. Cosa ci aspetterà?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Collettiva di Fotografia – 23 Maggio 2025

 

Il 23 maggio 2025 ZArchitettura studio di progettazione presenta Laboratorio d’Arte, l’inizio di un “progetto” di uso degli spazi, aperto a iniziative e eventi espositivi, ove promuovere incontri e occasioni per dialogare di Città e Arte, nei suoi vari aspetti passati e presenti.

 

Iniziative, aperte e proposte anche da coloro che vorranno condividerne gli scopi, che sono soprattutto quello di avvicinare le persone.

 

Ana Lara Chavez, Antonella De Luca, Corrado Lusi, Emanuele Vergari, Gabriele Nipoti.

 

Cinque fotografi insieme per la prima volta… cosa li accumuna? Forse niente.

 

Ma ponendo maggior attenzione vediamo in loro la stessa necessità di fermare un attimo che non tornerà o uno sguardo che ci racconta una misteriosa storia o immagini di lotte e speranze o, non ultimo, ricordi e emozioni.

La fotografia è un linguaggio e come tale deve essere rispettato.

Non vogliamo cadere nelle presentazioni che non pensiamo necessarie, ogni visitatore si rapporterà con le fotografie da se stesso senza inutili e spesso fuorvianti spiegazioni…

                                                                                                                                  a cura di Daniele Falco

 

ANA LARA CHAVEZ Conoscere Ana significa conoscere il Messico non convenzionale, il suo Messico! Emergono qui profonde radici popolari ed indigene che raccontano dolore, poesia e rabbia… con scatti rapidi alle persone e i loro sguardi nella metropolitana di Città del Messico, o di rivolta nei quartieri popolari, come speranza di ribellione ad una realtà impostaci ma non condivisa.

 

ANTONELLA DE LUCA La fotografia è un ricordo indelebile che attraverso un momento racconta una storia e Antonella riesce a catturarla nei suoi scatti veloci, con semplicità e sensibilità.

 

CORRADO LUSI Ogni scatto racconta qualcosa, siano sguardi o normali azioni ogni attimo catturato non concede repliche… non torneranno le emozioni di quel momento. Scattare una fotografia significa essere l’ultimo testimone di quell’attimo.

 

EMANUELE VERGARI Affascinato dal bianco e nero e dal ritratto cerca in ogni immagine un luogo di vita… un qualcosa in ognuno di noi, che Emanuele necessita scoprire, incontrare e conoscere.

 

GABRIELE NIPOTI La fotografia è uno dei mezzi espressivi con i quali l’uomo tenta inutilmente di sfuggire alla finitezza dell’essere. Gabriele, cercando di interpretarne l’illusoria realtà, nelle sue immagini ritrae cose, luoghi, situazioni apparentemente insignificanti, dove luce, forma e colore giocano un ruolo di sereno e pacato lirismo.

 

III esposizione di Arte Astratta 2024 – CUBA

Il nostro Daniele Falco, professore associato al Centro Sperimentale di Arte Visuale di Cuba, partecipa alla terza Esposizione di Arte Astratta in qualità di artista invitato fuori concorso e giudice internazionale insieme alle professoresse dell’Accademia delle Belle Arti di Firenze Prof. Anna Luppi e Prof. Paola Bitelli.

 

 

 

 

A seguito troverete la versione estesa dell’articolo di presentazione della Mostra:

 

Arte Astratta e Astrattismo

Storicamente si definisce Astrattismo un movimento nato nei primi anni del ‘900 in Germania (Kandinskij), che si prefiggeva di annullare ogni riferimento alla realtà, anche se l’astrazione è sempre stata presente nella vita dell’uomo, fin dai primi disegni nelle caverne. E mi viene da riflettere di quanto è assurda questa definizione, perché niente può essere astratto, in quanto sempre riferibile a qualcosa già presente in noi, …la nostra storia…i nostri incontri…sogni…suoni…profumi… essendo in quanto individui la somma di tutto ciò e non solo.

E contemporaneamente tutto è astratto perché sempre è una nostra elaborazione (Per me, per esempio, astratto è anche la pittura di un paesaggio sul posto, in quanto alla fine quello che vediamo non è mai esistito ma solo “l’astrazione” di attimi e pensieri nella durata del dipingere).

Molto difficile spiegare l’ Arte Astratta e l’Astrattismo perché nasce da varie radici : astrazione della naturalezza, simbolismo nei caratteri religiosi, mistici, propiziatori o esorcistici, visioni distorte della realtà, propaganda, ideologie e altre fonti, per ultimo ma non ultimo l’influenza della psicoanalisi, che sicuramente assume un ruolo nel’ Arte del primo ‘900, espressionismo ,dadaismo, surrealismo e astrattismo i moduli più importanti ma non gli unici. Fino ad arrivare agli anni ’60, che rompono decisamente con tutte le avanguardie e pertanto anche con l’Astrattismo, anche se non riescono ad annientare “eserciti di artisti“ che in assenza di ogni qualsivoglia base tecnica e ancor più di analisi o ricerca personale, il più delle volte scambiando scarabocchi o macchie di colore per opere di Arte Astratta si definiscono artisti, e riempiono le gallerie e i media, grazie al compiacimento del mercato, sempre  alla ricerca di “nuovi” prodotti e grazie anche  al controllo sul dibattito culturale. E qui mi viene da pensare che se Arte è nella capacità di rappresentare il presente nei suoi molteplici aspetti, dobbiamo prendere atto che questa è Arte perché ben rappresenta il vuoto in cui viviamo o meglio sarebbe dire il nulla! Interessante è anche la presenza oggi, dell’Astrattismo che si evidenzia in alcune parti del mondo, che per vari motivi non avendo partecipato al dibattito degli anni ‘60/’70, forse cercano oggi nell’Astratto la forza necessaria alla comprensione, o forse solo fuggire, dalla realtà e dal vuoto che sembra dominare in questo momento il pensiero.

Siamo all’inizio di una fase di mutazione  che non riusciamo a capire ne a vederne la conclusione, non credo all’Arte come forza salvatrice del mondo, sarebbe un inganno, perché l’Arte in tutte le sue eccezioni serve, se serve, ad altri scopi, e l’uso esaltante che se ne fa oggi, serve a nascondere, confondere, stemperare, per imporci e addolcire una realtà come, inevitabile accettazione.

Mi viene anche di condividere il pensiero di alcuni filosofi francesi, Focouault, Virilio e Debord per esempio, che partendo da un analisi della struttura del territorio degli spazi urbani, nella sua geometrizzazione come segno e strumento di controllo totale, evidenziano che la nostra società è caratterizzata da processi di negazione dell’individuo, e arrivano ad affermare che la società attuale è astratta in quanto l’astrazione è divenuta l’unica forma di realismo.

Come si vede l’argomento è difficile e complesso come lo è tutto ciò che riguarda l’Arte, (per fortuna dico io!) perché essendo riferibile al pensiero individuale non può essere codificato in alcuna maniera, nonostante gli sforzi dei critici e degli storici, da sempre cortigiani dei poteri. È il rapporto che ognuno ha con se stesso l’unico codice per avvicinarsi all’Arte, sia nel esprimersi con le proprie capacità e soprattutto dubbi, sia nel rispetto del pensiero di ogni Artista che di volta in volta avviciniamo consapevoli che l’Arte è sempre prodotta dal rapporto dell’Artista con se stesso.

 

Daniele Falco

Il David di Michelangelo

 

Michelangelo Buonarroti

Caprese Michelangelo 06/03/1475- Roma 18/02/1564

Nasce a Caprese, figlio del Podestà Leonardo, che a poche settimane dalla nascita si trasferisce a Firenze e affida il piccolo a balia da una famiglia di scalpellini di Settignano.

A 13 anni viene messo alla “bottega” di Domenico Ghirlandaio, per imparare a dipingere, ma dopo solo un anno -e non tre come previsto- abbandona la bottega, forse a causa del suo precoce talento e indipendenza dal maestro, che a quanto pare ne era invidioso.

E qui prende il via la lunga ricerca di se stesso, attraverso il mondo dell’arte che si fonde con la sua vita.

Molto è stato detto di Michelangelo e forse sarebbe utile un momento di riflessione, perché tutto questo parlarne ci ha trasmesso nel tempo un mito /Michelangelo che a noi non interessa.

Il mito, ben sappiamo, è sempre supporto dei poteri e raramente lo è delle conoscenze.

E a questo proposito nascono gli storici dell’arte, che moderni cortigiani, reinventano nel tempo valori e contenuti diversi per compiacere “ i lor signori”… e molto spesso anche solo se stessi.

E quindi nel tempo il David è mito:

-di bellezza,

-di classicità riscoperta,

-di emozionante estetica rinascimentale,

-di forza,

-di recente anche di omosessualità

… e ancora non è finita!

Mentre per Firenze il David di Michelangelo è il simbolo della libertà, e i fiorentini sempre lo coinvolsero nelle loro rivolte, anche prendendolo a sassate (1527) in occasione dell’ennesima cacciata dei Medici.

Molto si è detto sulla collocazione del David (commissionato e pagato dagli operai dell’opera del Duomo, non va dimenticato), ma vogliamo annotare che fu il Gonfaloniere

Pier Soderini, che per primo ne intuì la forza propagandistica, non come valore religioso ma come valore civile e lo utilizzò a tal fine, ponendolo sul sacrato di Palazzo Vecchio.

Oggi il David è al chiuso di un museo con alle spalle una quinta teatrale che di certo lo spettacolarizza, ma nello stesso momento ne annienta il messaggio originale, del “potere delle libertà”. (Mentre una copia è sul sacrato ancora come strumento di propaganda…)

DAVID (1501- 1505 Firenze)

Importante ricordare che la totale nudità è per la prima volta riproposta, dai tempi di Roma antica, e questo è possibile in quella Firenze del ‘400 che andava riscoprendo il mondo classico, nascosto con tanta forza per secoli dalla chiesa cristiana.

Michelangelo fa qui la prima affermazione visiva del potere e della dignità dell’essere umano naturale e non divino.

Il David è per sua natura una figura in movimento, e tante sono le interpretazioni proposte nella storia, in particolare in Firenze ma poi anche da altre parti. Michelangelo porta però il suo pensiero ad un modello nuovo di uomo, come una sorta di liberazione alle irritanti limitazioni della vita quotidiana, ancora oggi motivo di riflessione sul nostro quotidiano.

Il David come simbolo di libertà… Quando un uomo è libero?

– Quando non appartiene a nessuna ideologia o religione, questo ci suggerisce la nudità del David.

– Lo sguardo non è al cielo né alla terra, ad indicare la libertà come valore individuale nella riflessione della forza interna.

– Ancora la pietra è in una mano, e l’arma nell’altra, a dirci che la libertà non è nella storia ma nella propria volontà.

– La testa è più grande, non trucco prospettico, ma simbolo della forza che sta nel pensiero.

– La mano che tiene la pietra è anch’essa più grande ad indicarne lo strumento di cui il pensiero si serve.

… E quindi parlino le opere d’Arte!

Daniele Falco

Donato di Niccolò di Betto Bardi detto DONATELLO – Firenze 1386?-1466

Pensando di scrivere ancora qualcosa di Donatello, viene subito il pensiero che in assenza di nuovi documenti non c’è motivo di farlo. Già esistono molti studi, e trattati, alcuni dei quali sicuramente meritevoli di rispetto.

Vedo pero nelle storia dell’arte, come il più delle volte si presenta alla nostra attenzione, un porre la materia ed affrontare gli argomenti sempre da un punto di vista storico- evolutivo, come un racconto nel tempo attraverso le opere e le varie (per me…troppe!) classificazioni (gotico, rinascimento, barocco, espressionismo, impressionismo etc…).

Vorrei invece un avvicinamento all’arte non attraverso vari movimenti artistici, ma attraverso l’artista, l’arte attraverso l’uomo che l’ha prodotta, come un trasmigrare conscio o inconscio che sia della sua individualità, nel suo tempo con i suoi sogni, le sue sconfitte ma soprattutto con la sua vita e maniera di viverla e quindi di esprimersi di raccontarsi e, mi piace pensare, con la sua voglia di parlare anche a noi.

Non dimentichiamo che la pittura, la scultura e tutte le arti sono linguaggi, e così come nessuno si sente autorizzato ad interrompere una musica per spiegarla, lo stesso merita ogni forma di espressione, che necessita di una maggior attenzione, in particolare dobbiamo superare quel “vedere” tutto in fretta e imparare a guardare, sforzandoci di capire l’opera non attraverso la nostra cultura ma attraverso l’artista e il suo tempo.

 

I sentimenti e le emozioni non sono mediate ne dal tempo, né nel tempo, ma sono strettamente legate alla sensibilità e soprattutto alla quotidianità dell’artista, in un continuo conflitto fra la sua visione della vita e le sue illusioni.

Solo partendo da “chi era lui”, del suo rapporto con la vita e l’arte, sforzandoci al massimo di allontanare tutte le nostre “certezze?”, possiamo sentire le opere non più appartenenti al passato, ma portatrici di messaggi,

e se vogliamo… poterle ancora sentire anche…. NOSTRE!

 

Chi era Donatello?

Un artista istintivo e cosciente nello stesso momento, che lo portò a vivere con forza la relazione fra vita e arte.

Di lui sempre viene detto che era un buon uomo, onesto, cortese, umile e senza invidia, che si sforzava sempre di apprezzare le opere degli altri, non si atteggiava, non scriveva trattati ne pontificava ma lavorava… in quella bottega in comune con il più giovane Michelozzo con cui divideva i lavori con estrema semplicità (vedi P. Summonte).

Non amava il denaro, si racconta che lo tenesse in una borsa in bottega e da cui ogni amico o lavorante poteva prendere quello che gli serviva senza dirgli nulla. E qui vale la pena soffermarci: oggi un simile comportamento non è facilmente comprensibile e di sicuro verrebbe considerato stupido, questo però ci deve far riflettere su quanto sia sbagliato analizzare il passato con il nostro modo di vivere, le nostre conoscenze e peggio ancora i nostri “valori”.

 

Si racconta che Piero de Medici gli donò un buon podere la cui ricca rendita gli avrebbe permesso di vivere agiatamente, ma

Donatello dopo non molto tempo preferì restituirlo dicendo che non poteva perdere la sua tranquillità nel risolvere le continue lamentele del contadino, quando per il raccolto rovinato dal cattivo tempo quando per le gabelle o per le liti con la moglie, e preferiva morire di fame piuttosto che pensare a queste cose.

(Piero capì e li concesse in cambio un vitalizio – vedi Vasari).

Aveva circa 80 anni e ancora oggi molti anziani non amano dare importanza a certe cose, chiudendosi in una visione più intima della vita, e forse più reale.

Ricordiamolo ancora in punto di morte, quando alcuni parenti lo visitarono per chiederli in lascito un piccolo podere di poco valore che aveva a Prato, e lui rispose che questo spettava al contadino che sempre vi aveva lavorato e durato fatica.

Nato povero da un cardatore di lana, muore povero in una casetta in Via del Cocomero (oggi via Ricasoli), tutta Firenze partecipò commossa al suo funerale.

 

 

Alcune cronache ci narrano di un Donatello non religioso, cosa in realtà non provata, e mi sembra ininfluente alla sua comprensione, di sicuro per lui, parlano i suoi lavori.

Questo era Donatello e molto ancora ci sarebbe da dire… spero solo che quanto scritto serva da sprone per “scoprirlo” attraverso le sue opere, e stimolare una riflessione non sul passato ma sul presente!

Il suo capolavoro? Per molti il S. Giorgio (al proposito, non capisco per quale motivo lo hanno disarmato.. in origine impugnava una spada che lo rendeva più efficace),  per me la Maddalena…. Ma il vero capolavoro fu la sua vita!!

 

 

Caratteristica in Donatello è il creare attraverso un elemento realistico un’illusione di realtà, a questo scopo immette nelle sue opere di marmo, pietra, lignee o bronzo che siano un particolare che tende a liberare il soggetto dalla materia.

Nel S.Giorgio, per esempio, il piede sporge dal basamento, nel Abacuc (detto lo Zuccone) tratteggia i capelli mossi e, anche nelle opere che non sono rappresentate in movimento, si sente forte l’idea che… stiano per muoversi!

 

Spesso non rifinisce molto i suoi lavori, questo è stato motivo di critica nei suoi confronti. E’ invece una sua precisa scelta, che serve a fissare l’azione con  immediatezza e maggior forza.

Scelta rispettata anche da Michelozzo nel terminare i pulpiti in S. Lorenzo, come ultimo omaggio all’amico dopo la sua morte.

 

Tutti i riferimenti all’arte classica, movimento e pittoricismo, vengono da lui risolti, con forte individualismo, in maniera “anticlassica”( quando per classicismo si deve intendere quel riferirsi all’arte greco- romana che si andava riscoprendo in quel momento e che andava reintroducendo elementi dimenticati).

Non è lo scultore della “grazia” come diceva il Vasari, troppo forti ed espressive sono le sue opere, che vanno negando questa affermazione, e non è neanche il “classicista” come venne mal inteso nell’ ‘800 per i motivi già detti.

Nel XVI sec. veniva paragonato a Michelangelo, ma il paragone è privo di significato!

La distinzione Albertiana, (in riferimento al trattato di L.B. Alberti) fra scultura e modellato con cui era d’accordo Michelangelo era invece estranea a Donatello, che quando scolpiva o modellava sempre immetteva elementi pittorici nelle sue opere.

 

 

Significativa al riguardo L’Annunciazione in S. Croce a Firenze, o ancor di più il suo “stiacciato” che fonde la scultura con la pittura! Qui più delle parole contano le immagini, e invito a vedere la predella del S.Giorgio, imprescindibile per capire i suoi lavori, e ancora la Madonna con bambino a Boston, o Ascensione e consegna delle chiavi-  Victoria e Albert Museum a Londra.

Donatello non si può paragonare a nessuno, le sue opere, preferirei dire i suoi lavori , sono validi ancora oggi, come lo furono il giorno in cui furono inventate e sono solo : UNICHE!  (vedi Donatello- John Pope-Hennessy).

Dirle opere moderne è riduttivo, esse sono contemporanee..  se solo imparassimo -come già detto- a guardare, in quanto le sue emozioni sono le nostre… anche se offuscate dalle turbinanti  inutilità della nostra società.

 

                                                                                                                                                                             DANIELE FALCO

XVI Festival internazionale di Arti miste MEDIAMIX 2022 – Daniele falco – 1° premio pittura

XVI Festival internazionale di Pittura – Videoart – Fotografia – Letteratura – Poesia – Fumetti

“Le opere di daniele Falco partono da un concetto metafisico astratto. L’artista si rivolge verso un infinito immaginifico che sceglie anche la forma geometyrica come espressione artistica. Gusto e colore si armonizzano”

PREMIO PITTURA 2022

 

Mai avevo partecipato ad un premio e non nego che mi ha fatto piacere vincerlo, anche se nello stesso momento mi ha messo molto in imbarazzo!

 

Parlare di Arte nel 2022?   Molto difficile!

 

Dovremmo prima di tutto recupere il valore di cosa si intende per Arte.

Per me Arte è il rapporto fra l’artista e sé stesso e che si sviluppa attraverso la sua forma di esprimersi, nelle varie discipline.

Limitandoci alla pittura dovremmo riscoprire l’armonia affrontata e risolta da Raffaello, l’eleganza di Simone Martini, con la sua raffinatissima Annunciazione, il  Realismo risolto con indubbia forza da Courbet, con le sue intelligenti “visioni”, o da Corot con i suoi incantesimi di luce.

L’Astrattismo risolto da Kandinsky o da Malevic, che ci fanno capire l’assurdo di questa definizione, in quanto niente può essere astratto perché tutto è sempre riconducibile a un qualcosa, a un percorso direi, che è in ognuno di noi… la nostra storia… i nostri incontri… i nostri suoni…

Per me per esempio, Astratto è solo un quadro di paesaggio, in quanto il finale è il sommarsi di attimi, di luci di “aria” in una lotta sempre persa, da parte del pittore per fermare quell’immagine che mai è esistita se non nel suo immaginario… questo si è… Astratto!

 

Si dovrebbe parlare della dura denuncia alla società borghese, emergente ed effimera, che ci racconta Manet, o della dolce e intima comprensione degli emarginati e dei “diversi” che ci narra Toulouse Lautrec.

E poi ancora della attenta analisi di Pissarro nella sua ricerca dell’equilibrio fra ordine e disordine.

E ancora del distacco da tutto ciò di Fattori, che non è vero che non aveva capito, aveva capito e bene…però non condivideva e cercò di difendere i suoi valori con la potenza dell’umiltà!!

 

E qui mi devo fermare perché oggi sembra che queste cose non interessino più, e forse è per questo che mi diverte aver vinto questo premio, però per favore non parliamo di Arte.

 

O meglio, torniamo a parlarne, pero di Arte come percorso intimo, di Arte come insieme di eterni messaggi, dalle prime immagini nelle caverne al sempre che sarà fino a quando un uomo saprà … ribellarsi!

 

Daniele Falco